- Luca Marelli
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Martedì 26 gennaio 2021 è stato il giorno del derby di Milano in Coppa Italia.
Un derby atteso, sebbene a porte chiuse e nel contesto di una manifestazione snobbata fino alla finale, momento nel quale diventa quasi fondamentale per salvare una stagione.
Derby che è stato caratterizzato dallo sgradevolissimo episodio tra Ibrahimovic e Lukaku che, al 44esimo del primo tempo, hanno dato vita ad un “faccia a faccia” proseguito per due minuti in campo ed anche all’uscita delle squadre dal terreno di gioco.
Quel che è accaduto successivamente non lo sappiamo con precisione, pertanto prendete il tutto col beneficio di inventario: pare che nella zona del sottopassaggio e degli spogliatoi sia accaduto ancora altro ma non abbiamo alcuna informazione precisa.
La questione pareva essersi risolta definitivamente nella mattinata di venerdì 29, con la squalifica comminata dal Giudice Sportivo di una giornata per entrambi i calciatori: Ibrahimovic per l’espulsione rimediata al 57esimo minuto, Lukaku per raggiunto limite di ammonizioni (era diffidato prima del derby).
Un po’ a sorpresa, nel primo pomeriggio, è arrivata la presa di posizione del presidente della FIGC Gravina che ha riaperto la questione con la seguente dichiarazione:
“Non è stata una bella immagine e va messa in discussione sotto diversi punti di vista. Sotto il profilo regolamentare il direttore di gara avrà evidenziato quanto visto in campo. Per quanto riguarda l’evolversi, la Procura acquisirà il referto del Giudice Sportivo per capire a cosa si riferisce questa squalifica. Se non dovessero emergere indicazioni a fatti specifici o a frasi, credo che su questo il Procuratore adotterà i provvedimenti più opportuni”.
Una dichiarazione che apre un fronte completamente nuovo e che necessita di alcuni chiarimenti.
Partiamo, ovviamente, dal punto di vista arbitrale.
La decisione di Valeri in campo
La scena vista al 44esimo minuto del derby di Coppa Italia è andata ben oltre il comprensibile nervosismo di una partita importante.
Valeri, dopo aver assistito allo scambio di insulti ed anche al testa contro testa dei due calciatori, ha optato per una doppia ammonizione.
Tecnicamente Lukaku ed Ibrahimovic sono stati sanzionati per comportamento antisportivo o, in gergo giornalistico, per reciproche scorrettezze.
Valeri, ovviamente, non ha scritto gli insulti che si sono rivolti i due calciatori perché, in tal caso, avrebbe dovuto espellerli entrambi dato che, come sappiamo, il linguaggio offensivo (sia esso nei confronti di un arbitro o di un calciatore, addirittura anche della medesima squadra) deve essere punito con il cartellino rosso.
Naturalmente, nella gran parte dei casi, sono gli arbitri stessi che chiudono un occhio di fronte ad insulti tra calciatori, un po’ comprendendo la tensione che può essere originata da una competizione stressante, un po’ cercando loro stessi di calarsi nel ruolo di paciere tra due o più tesserati.
Non capita di rado, anzi: se il regolamento dovesse essere pedissequamente applicato in ogni circostanza, non esisterebbe una singola partita (e non solo del campionato italiano, sia chiaro, ma di qualsiasi campionato) chiusa con undici giocatori per parte. Perché in campo qualche insulto “vola” sempre, anche nella gara più tranquilla.
Se da un lato dobbiamo evidenziare quanto accaduto effettivamente, dall’altro non possiamo sottacere il fatto che il cartellino giallo è completamente sbagliato.
O, meglio, sarebbe stato corretto nel caso in cui, dopo l’esibizione della sanzione disciplinare, Ibrahimovic e Lukaku avessero interrotto il loro “dialogo”: in tal caso l’ammonizione avrebbe concretizzato il suo effetto.
Purtroppo, invece, la questione non si è affatto esaurita: subito dopo l’ammonizione entrambi i calciatori, a distanza, hanno continuato imperterriti il loro scambio di insulti.
Non solo: uscendo dal terreno di gioco, entrambi i calciatori se le sono “promesse”, l’uno (Ibrahimovic) con gesti eclatanti ed eloquenti, l’altro (Lukaku) cercando di raggiungerlo e trattenuto dai compagni di squadra.
Insomma, da qualunque parte la si guardi, il cartellino rosso per entrambi doveva essere estratto e non ha alcun senso che abbiano potuto prendere parte alla seconda frazione di gioco.
Non mi interessa minimamente chi abbia cominciato e chi abbia responsabilità maggiori: entrambi i calciatori hanno esagerato ed hanno superato enormemente il limite di tollerabilità di comportamenti del genere. Che Valeri abbia sbagliato a non espellerli entrambi è talmente lapalissiano che non merita accoglimento l’ipotesi di due provvedimenti differenti sulla base della misura di responsabilità.
Non mi sarei stupito per nulla se la Procura Federale, di fronte alle parole ascoltate in televisione e, soprattutto, intercettando i labiali di entrambi i calciatori, avesse chiesto al Giudice Sportivo di acquisire le immagini televisive affinché le stesse venissero valutate per eventuali squalifiche a carico dei tesserati coinvolti.
Il ruolo della Procura Federale
La Procura Federale, invece, non ha ritenuto di chiedere l’acquisizione delle immagini (a norma degli articoli 57 e 58 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC) che, come per il campionato, deve essere inoltrata al Giudice Sportivo entro le ore 12 del giorno successivo alla disputa dell’incontro.
Nel caso in cui la Procura Federale avesse richiesto l’acquisizione di prove documentali digitali e/o audiovisive, la stessa richiesta avrebbe dovuto essere citata dal Giudice Sportivo in sede di pubblicazione delle sanzioni disciplinari.
Di questa richiesta di acquisizione non vi è traccia, dato che il Giudice Sportivo non ha menzionato nulla in proposito.
Motivo per cui, a rigor di logica (e, soprattutto, a rigor di diritto sportivo) la questione avrebbe dovuto chiudersi qui, essendo peraltro precluso qualsiasi ricorso in Appello (sia per i calciatori che per la Procura Federale, dato che non è possibile ricorrere per squalifiche di una sola giornata).
Perciò come è possibile che la Procura Federale possa interessarsi ancora della vicenda, dato che il Giudice Sportivo si è già espresso in merito?
Ovviamente è escluso che le responsabilità ulteriori dei calciatori possano essere affrontate in secondo grado per due motivi:
- non è possibile ricorrere in appello, come detto poc’anzi, perché non è ammissibile ricorso per una sola giornata di squalifica;
- si tratterebbe di argomento nuovo, cioè non affrontato in prima istanza e che perciò sarebbe dichiarato inammissibile.
Allo stesso tempo è escluso che possa essere argomento all’attenzione del Giudice Sportivo perché lo stesso si è già espresso in merito, tra l’altro non riservandosi in alcun modo qualche decisione, magari su richiesta della Procura Federale.
E dunque cosa significa la, per certi versi, sorprendente presa di posizione della Federazione nella persona del Presidente Gravina?
Lo scenario che si apre è per certi versi nuova e, per quanto riguarda Milan ed Inter, parecchio preoccupante.
Ovviamente non potrà essere il Giudice Sportivo ad occuparsi della vicenda (la sua attività in merito alla gara in oggetto si è conclusa col comunicato ufficiale di venerdì 29) ma la Procura Federale e, in caso di deferimento, il Tribunale Federale.
La Procura Federale seguirà l’iter solito:
- apertura di un fascicolo sulla partita Inter-Milan;
- indagini che verranno ritenute necessarie (compresa l’eventuale assunzione di testimonianze terze tra calciatori, dirigenti, commissari di campo, eventuali persone presenti anche nella zona sottopassaggio/spogliatoi);
- richiesta di archiviazione;
- deferimento di uno o più tesserati.
La procedura che può portare ad una coda sportivo/giudiziaria si basa sugli artt. 23 (dichiarazioni lesive) e 28 (comportamenti discriminatori) del Codice di Giustizia Sportiva.
In particolare l’art. 28 (comportamenti discriminatori) prevede pesantissime sanzioni disciplinari a carico di chi se ne renda colpevole.
Gli atti discriminatori sono così evidenziati (comma 1):
“Costituisce comportamento discriminatorio ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporta offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine anche etnica, condizione personale o sociale ovvero configura propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori”.
Ovviamente non mi sbilancio minimamente sull’esito della vicenda (dato che nel sottopassaggio/spogliatoi non ero presente né io né la quasi totalità della popolazione mondiale) ma è interessante rilevare quali potrebbero essere le conseguenze di un eventuale accertamento di comportamenti discriminatori (nei confronti di un tesserato o reciproci): la squalifica minima è di 10 (dieci) giornate di campionato e, nei casi più gravi, per un periodo di tempo determinato (esempio: fino al dato giorno del dato mese del dato anno).
Insomma, pensavamo che le brutte immagini viste nel derby fossero passate agli archivi dei ricordi meno piacevoli del calcio nostrano.
Invece è probabile che siano state solo l’inizio di una vicenda che pare ben lungi dall’essere conclusa.
Luca Marelli
Comasco, avvocato ed arbitro in Serie A e B fino al 2009, accanto alla professione si occupa di portare qualche spunto di riflessione partendo dal regolamento, unica via per comprendere ed interpretare correttamente quanto avviene sul terreno di gioco. Il blog (www.lucamarelli.it) è nato come un passatempo e sta diventando un punto di riferimento per addetti ai lavori ed appassionati.
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