Decisioni arbitrali “strane”, decisioni arbitrali difficili da digerire e, purtroppo, alle volte, decisioni arbitrali sbagliate. Lo sguardo del tifoso o dell’appassionato talvolta differisce da quello dell’arbitro o comunque di chi conosce a fondo le regole del gioco del calcio e le sue interpretazioni moderne. Si formano quindi delle correnti di pensiero che sfociano più o meno in proteste o lamenti da una parte, piuttosto che critiche fondate dall’altra. Chi ha ragione?

Diciamo subito che tutti possiamo sbagliare, anche chi, come me, approfondisce tematiche arbitrali tutti i giorni cum grano salis, statisticamente però è il non addetto ai lavori ad avere necessità di approfondire e capire meglio, soprattutto per evitare di scagliarsi contro questo o quell’ufficiale di gara o questa o quella regola che non riesce a comprendere al meglio

Oggi affrontiamo due casi venuti alla ribalta in Serie A nell'ultima giornata di campionato ed in particolare nelle gare Napoli - Milan con la “contestata” prima ammonizione di Bakayoko per fallo su Saelemaekers al 16’, e un caso avvenuto in Inter - Torino con l’ancora più “contestato” rigore fischiato dopo l’intervento del VAR per il fallo commesso da Nkoulou su Hakimi all’ 81’.

 

Ci troviamo di fronte a due casistiche, la prima scontata dal punto di vista arbitrale, ma che nasconde al proprio interno alcune interessanti implicazioni psicologiche che portano normalmente il tifoso a giudicarla in modo più umorale che cognitivo. Nel secondo caso si tratta di una casistica sconosciuta ai più, anche ad alcuni degli addetti ai lavori, e vedremo in seguito il perché

 

Bakayoko su Saelemaekers

Analizziamo quindi l'episodio che vede come protagonista negativo Bakayoko, giocatore del Napoli. Vi invito ad osservare le immagini relative dato che è piuttosto semplice reperirle in rete. Vi descrivo comunque l'azione: Il calciatore del Napoli insegue il pallone ad una certa distanza e si allunga in modo molto vistoso, arrivando con la punta del piede a colpire il pallone in avanti, in piena estensione. Il gesto “in spaccata”, dopo aver calciato il pallone, lo porta ad arrivare con il piede quasi a martello e i tacchetti contro un avversario, che, quasi contemporaneamente, cerca di intervenire sul pallone ma arriva in ritardo. La traiettoria dell’avversario è ad intersecare la traiettoria di movimento del calciatore azzurro. In questo caso non vi è alcun dubbio che la volontà di Bakayoko fosse quella di colpire il pallone, cosa che è riuscito a fare. L'arbitro, vista la dinamica e il fatto che lo slancio del calciatore abbia portato a piantare il piede e i tacchetti sulla tomaia dello scarpino dell'avversario, producendo un piegamento innaturale della caviglia dello stesso, interrompe il gioco e sanziona il calciatore reo con il cartellino giallo.

L'istinto del tifoso e dell’appassionato è quello di scagionare un calciatore, specie se quello della propria squadra, qualora questi non abbia alcuna intenzione di compiere un intervento falloso anche se il suo movimento possa essere o sia dannoso per qualcun altro. In un caso come quello che stiamo affrontando la volontà di colpire il pallone e la pulizia del tocco del pallone non hanno alcuna correlazione con il provvedimento disciplinare e la fallosità dell'atto. Infatti, il regolamento del gioco del calcio riporta:

  • “Imprudenza” significa che il calciatore agisce con noncuranza del pericolo o delle conseguenze per l’avversario e per questo deve essere ammonito.

Appurato quindi che non vi è volontà di fare male, dato che non vi è alcuna evidenza in merito, resta comunque un movimento che, nella sua dinamica, può portare un danno fisico all'avversario. Oltretutto tale tipo di intervento non dovrebbe essere sanzionato solamente in caso di contatto, ma anche in caso di potenziale contatto, poiché la sicurezza fisica dei calciatori è uno degli obiettivi principali della conduzione di una gara equa. Il “reale danno” subito dall’avversario non è elemento discriminante.

Il fatto che il calciatore azzurro, dopo aver colpito il pallone, arrivi addosso all'avversario con i tacchetti, la gamba quasi tesa, il peso spostato in un movimento con ampia componente laterale che carica, anche se non in modo importante, il peso sul piede stesso, ne determina la punibilità. Oltre a ciò il fatto che il contatto sia a livello dello scarpino (in gergo tale situazione è detta "studs on foot", ovvero tacchetti sul piede), ne determina la classificazione automatica come fallo imprudente che porta automaticamente alla sanzione dell'ammonizione.

Non ci sono altre argomentazioni che tengano in questo caso, né l'ipotesi fantasiosa che non sia fallo, dato che l'imprudenza è evidente, né l’altrettanto ipotesi fantasiosa che non si possa comminare un cartellino giallo, perché tale situazione è codificata da parte degli organi tecnici di riferimento. C’è da dire inoltre che non si può configurare nemmeno una condotta violenta o un grave fallo di gioco, perché non c'è volontà di colpire nel gesto e, pur essendo un contatto avvenuto con i tacchetti, non c'è particolare irruenza e particolare carico, oltre ad essere un contatto “basso” ovvero non portato all'altezza della caviglia o più su.

Dal punto di vista arbitrale la scelta è matematica e relativamente semplice, in passato abbiamo visto in effetti molti episodi analoghi a questo, il fallo e la conseguente ammonizione dovrebbero essere ormai considerati normali.

 

Nkoulou su Hakimi

L'altro caso che ha fatto molto discutere nell'ultima giornata di campionato è molto meno semplice di quello appena descritto. In particolare, perché la parte di conoscenza delle regole che ci serve per giudicare quell'episodio è ai più sconosciuta, e soprattutto non è scritta nel regolamento del gioco del calcio, ma fa parte delle direttive degli organi tecnici.

Anche in questo caso vi invito a reperire le immagini in rete, ma vi descrivo comunque cosa è successo: Al 16’ del primo tempo avviene un tentativo di rilancio del pallone nella parte esterna sinistra dell'area di rigore del Torino, immediatamente intercettato da un attaccante. Il pallone si impenna e ricadendo entra in area di rigore dove lo sta aspettando un difensore, che lo stoppa di petto. Al momento del tocco dell'attaccante c'è un suo compagno nerazzurro in evidente posizione di fuorigioco, che immediatamente si muove verso il giocatore che stoppa il pallone. Appena dopo lo stop di petto del difensore, l'attaccante interviene sottraendo il pallone all'avversario con la punta del piede e ricevendo un calcio con un movimento evidentemente negligente da parte del difensore stesso. L'assistente dell’arbitro, che ha visto partire in posizione evidentemente di fuorigioco il calciatore che poi subisce il fallo, alza la bandierina per segnalare la punibilità del fuorigioco e l'arbitro fischia, concedendo un calcio di punizione indiretto alla squadra difendente. Il VAR però interviene richiamando alla on-field-review l'arbitro, il quale, rivedendo le immagini, decide che non si tratti di fuorigioco punibile e quindi decreta il calcio di rigore per il fallo del difensore.

Secondo la logica classica della punibilità della posizione di fuorigioco, se dopo il tocco dell'attaccante che determina la posizione di fuorigioco del compagno, avviene una giocata volontaria di un difensore, la posizione di fuorigioco viene “sanata”. Infatti, nel regolamento leggiamo:

Un calciatore in posizione di fuorigioco che riceve il pallone da un avversario, il quale lo gioca intenzionalmente, compreso con mano / braccio, non è considerato aver tratto vantaggio, a meno che non fosse un salvataggio intenzionale di un avversario.

Lo stop di petto del difensore in quel caso è evidentemente una giocata, dato che è effettuato in coordinazione, il movimento è verso il pallone ed il pallone non è veloce e non è inaspettato. Quindi il ragionamento classico porta alla non punibilità del fuorigioco con conseguente punibilità del fallo da rigore, che è successivo al momento della concretizzazione del fuorigioco. Purtroppo, in questo caso non è così a causa di una eccezione codificata. Vediamo quale.

Il settore tecnico dell'AIA ha diffuso quest'anno tre ottimi set di episodi che riguardano il fallo di mano, il “challenge” e il fuorigioco. Questi documenti ufficiali e che devono “fare scuola” sono stati dati alle sezioni arbitrali e ai comitati regionali dell'associazione. All'interno del set di casistiche sul fuorigioco, il video denominato come C6 riguarda una casistica equiparabile a quella che abbiamo visto a Milano. Anche in quel caso infatti il calciatore difendente effettua una giocata, ma, ed è questo il quid dell’episodio, nell'immediato l'attaccante gli contende il pallone rendendo punibile la sua posizione iniziale di fuorigioco.

In tale caso quindi si tratta di fuorigioco punibile perché, come si legge nella descrizione del settore tecnico, punto di riferimento per l'interpretazione del regolamento del gioco del calcio:

Sul lancio di un proprio compagno l'attaccante si trova in posizione di fuorigioco. Sullo stop del difensore avversario, lo stesso calciatore gli contende NELL’IMMEDIATEZZA il pallone. In queste circostanze, l'infrazione di fuorigioco dovrà comunque ritenersi concretizzata, stante l'azione immediata da parte del calciatore in posizione irregolare.

Come leggiamo chiaramente, la definizione del settore tecnico introduce una questione che non è esplicitata nel regolamento del gioco del calcio, ovvero l'immediatezza dell'intervento dell'attaccante. In quel caso Infatti si considera che il difensore non abbia avuto effettivamente il tempo di concretizzare una giocata e che quindi l'avversario abbia approfittato della propria posizione irregolare, mentre, come sappiamo benissimo, un calciatore che si trovi al di là del penultimo difendente non ha il diritto di partecipare al gioco. Nel caso in questione quindi viene supportata la decisione di sanzionare la posizione di fuorigioco, pur in presenza di una giocata da parte del difensore, come è lo stop di petto, prima della concretizzazione del fuorigioco stesso. Bene aveva quindi fatto l’assistente a segnalare. Il problema purtroppo è sorto quando il VAR ha deciso inopinatamente di chiamare l’arbitro che, a quando abbiamo avuto modo di vedere, avrebbe fatto meglio a lasciare invariata la decisione del campo.

 

Come abbiamo visto in queste due casistiche, il regolamento del gioco del calcio e le sue interpretazioni contengono al proprio interno numerose sfumature ed è fondamentale approfondirne la conoscenza per apprezzare al meglio le decisioni corrette e poter criticare in modo costruttivo le decisioni, purtroppo, errate. Sempre nel segno del massimo rispetto che, appunto, la conoscenza aiuta ad aumentare rendendo consci addetti ai lavori e non, di quanto effettivamente accada sui terreni di gioco.

Massimo Dotto

Informatico e Osservatore Arbitrale di calcio a 11 a livelli nazionali fino al 2014, per passione da molti anni si dedica al difficile compito di diffondere la conoscenza sul Regolamento del Calcio, in particolare su Facebook. Il Gruppo di cui è co-admin riunisce migliaia di appassionati fornendo materiale unico ed utile per l'analisi delle più disparate casistiche arbitrali ed il mondo dell'arbitraggio.

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