06/02/2020 Atalanta 3 - Torino 3. Una gara che sarà ricordata per la rimonta del Torino che al 45’ si trovava in svantaggio 3 a 0, ma soprattutto per il bel gesto di fair play di Andrea Belotti, attaccante dei granata e della nazionale. Una situazione sportivamente molto apprezzabile che però in qualche modo mette in difficoltà l’arbitro, che deve prendere una difficile decisione e riprendere il gioco nel modo corretto.

 

Veniamo ai fatti: è il minuto 33 e il Torino cerca di uscire da una situazione molto negativa con gli avversari che conducono per 3 a 0. Belotti durante una ripartenza si infila nella retroguardia atalantina, appena fuori dell’area di rigore avversaria, e mentre si trova tra tre difensori cade a terra. L’arbitro Francesco Fourneau, che si trova ad una decina di metri ed in pieno controllo, fischia quello che secondo lui è un contatto falloso ed estrae il cartellino giallo nei confronti del difensore atalantino Cristian Romero che seguiva Belotti a ruota, assegnando un calcio di punizione diretto al Torino ed ammonendo il difensore per SPA (stop promising attack = interruzione di una promettente azione d’attacco).

Il calciatore del Torino però fa subito ampi gesti, indicando “no” con la mano nei confronti dell’arbitro, e dicendogli che non ha subito fallo.

 

Tutto molto bello, onore al merito al capitano del Torino che riceve complimenti ed applausi da tutti i presenti. Ma l’arbitro? 

 

L’arbitro in quel momento è sicuramente la persona più in difficoltà di tutti, perché in quel momento sta cercando di fare la quadra tra la propria percezione dell’evento e quanto gli viene detto subito dopo.

Cosa dice il regolamento a riguardo? L’arbitro può cambiare una propria decisione? Fino a che punto è “giusto” seguire le indicazioni dei calciatori se la propria esperienza sul campo ha trasmesso idee diverse e fatto prendere decisioni che d’un colpo paiono scorrette?

 

La regola 5 a pagina 43 dice: “L’arbitro non può cambiare una decisione relativa ad una ripresa di gioco, se si rende conto che è errata o su indicazione di un altro ufficiale di gara, qualora il gioco sia stato ripreso o abbia segnalato la fine del primo o del secondo periodo (inclusi i supplementari) e lasciato il terreno di gioco o qualora la gara sia sospesa definitivamente.”

 

Quindi fino a quando il pallone non è successivamente in gioco, l’arbitro ha il diritto di cambiare opinione, come in effetti ha fatto Fourneau che, dopo un conciliabolo con le parti in causa, e magari, chissà, aiutato da qualche collaboratore, ha deciso di ascoltare l’ammissione di Belotti e revocare il cartellino giallo al difendente dell’Atalanta riprendendo con una propria rimessa, ricostruendo secondo regolamento quanto stava accadendo al momento del fischio con cui ha interrotto il gioco.

 

Ma poteva farlo? Perché l’ammonizione non rimane? Si tratta di ripresa del gioco corretta?

 

Dal punto di vista regolamentare è tutto corretto. Dato che l’arbitro ha deciso che non sia stato commesso un fallo che ha interrotto una promettente azione d’attacco, l’ammonizione conseguente non sussiste, poiché nessuna promettente azione è stata interrotta. Attenzione: se si fosse trattato di una ammonizione per proteste, sarebbe rimasta anche a fronte i un cambio di idea da parte dell’arbitro, poiché la protesta deve essere punita indipendentemente dal fatto che vi sia una “motivazione valida” o tale motivazione sia resa non sussistente dal cambio di idea dell’arbitro.
Insomma il rispetto va dato sempre, anche nell’errore, questo è scontato in uno sport.
Per quanto riguarda la ripresa di gioco, essendoci stato a tutti gli effetti un fischio “errato” da parte dell’arbitro, che ha interrotto il gioco, non vi è alcuna ripresa di gioco diversa dalla propria rimessa. Nella regola 5 a pagina 58 infatti è ben chiaro tale concetto: “L’arbitro inavvertitamente o per errore, emette un fischio. Come dovrà regolarsi? Il fischio dell’arbitro, di fatto, ha interrotto il gioco che dovrà essere ripreso con una sua rimessa. ”

 

A questo punto serve capire a chi deve essere consegnato il pallone (si noti quante sono le considerazioni che deve fare l’arbitro per ristabilire la correttezza dell’azione, in un momento di impasse in cui la propria percezione lo aveva portato a “chiudere” l’azione in tutt’altro modo).
Ci viene in aiuto ancora una volta il regolamento nella regola 8 a pagina 74:
“RIMESSA DELL’ARBITRO
Procedura
L’arbitro lascia cadere il pallone a terra per il portiere della squadra difendente nella propria area di rigore se, quando il gioco è stato interrotto:
- il pallone era nell’area di rigore oppure
- l’ultimo tocco del pallone è avvenuto nell’area di rigore In tutti gli altri casi, l’arbitro lascia cadere il pallone a terra per un calciatore della squadra che per ultima ha toccato il pallone nel punto in cui questo è stato toccato per ultimo da un calciatore, da un “corpo estraneo” o, secondo quanto previsto nella Regola 9 punto 1, da un ufficiale di gara. Tutti gli altri calciatori di entrambe le squadre devono rimanere ad almeno 4 m dal pallone fino a quando esso non sia in gioco Il pallone è in gioco non appena tocca il terreno. ”

 

Nel caso in questione ci troviamo al di fuori dell’area di rigore e il pallone viene toccato per l’ultima volta, prima del fischio, al di fuori della stessa. Quindi è giusto riprendere il gioco, come è stato fatto, lasciando il pallone ai giocatori del Torino (l’ultimo tocco era stato proprio di Belotti) appena fuori dell’area di rigore dell’Atalanta.
Non era infatti possibile, secondo regolamento, consegnare direttamente il pallone all’Atalanta, per questo, completando il gesto di fair play, Belotti, a cui è stato consegnato il pallone, lo ha calciato verso il portiere avversario, in modo che questi potesse facilmente controllarlo.

Si è quindi “chiuso” l’incidente, con l’Atalanta che non paga un errore dell’arbitro e la trasmissione ai posteri di un bel gesto sportivo.

 

Ma è giusto “deontologicamente” dare retta ad un calciatore, pur non avendo visto effettivamente quanto successo?

 

Ritengo che la risposta più corretta sia “dipende”. L’arbitro non è tenuto a fidarsi dei calciatori, è necessario, in tali casi, stare molto attenti e raccogliere la memoria di quanto accaduto e cercare di avere una quadra quanto più esaustiva possibile, alle volte facendo a pugni col proprio istinto che al momento del fischio ha suggerito la decisione presa.

Non sempre è opportuno ascoltare le ammissioni di colpa o le versioni dei calciatori, quantomeno è necessario valutarle tenendo presente che la percezione dell'arbitro e dei propri collaboratori è la stella polare da seguire. È chiaro che se però di fronte alla stella polare vi sono delle nuvole, tutto può essere rimesso in discussione, specie di fronte ad ammissioni che inequivocabilmente penalizzano il calciatore che ammette qualcosa che l’arbitro non ha percepito (non aver subito un fallo da rigore, aver toccato il pallone per ultimo provocando un calcio d’angolo per gli avversari, aver segnato con un tocco di mano...).

 

La cosa fondamentale è non tirare dritto per dritto, l’arbitro è fallibile per natura, credersi superiori a tale dogma è un errore imperdonabile. Serve mantenere la calma e cercare prima possibile di ricostruire quanto si è visto, verificando la compatibilità di quanto abbiamo percepito con quanto ci viene riferito.
“Annusate” l’aria e valutate tutte le reazioni che vi circondano, spesso il puzzle è più facile da risolvere se abbiamo sott’occhio più pezzi. Fatevi comunque guidare dall’istinto e dalla vostra esperienza arbitrale, nonché, se avete la fortuna di averne e di averla sviluppata, dalla vostra empatia.

 

Ammettere un errore non è un errore.

 

Un Osservatore apprezza anche la capacità di dire “ho sbagliato” e controlla come reagite soprattutto nei minuti successivi, in cui dovete essere in grado di mettervi l’errore alle spalle, non ripensarci, e continuare con la consapevolezza di aver fatto in seguito la cosa giusta, anche se ciò smentisce a pieno la vostra prima decisione. La capacità di metabolizzare gli errori e di ammetterli è un importante indice di maturità.

Quindi, nel nostro caso, non bene Fourneau nella prima decisione, probabilmente ingannato da una posizione che solo apparentemente è ottimale, ma bene Fourneau nell’ammissione dell'errore, nella gestione dello stesso e nel corretto ripristino della verità del campo, seguendo in modo ottimale i dettami del regolamento.

 

La speranza è che ci siano sempre più spesso questi gesti di fair play, che dimostrano che anche durante lo sforzo agonistico volto al conseguimento di un risultato si può avere la lucidità per essere sportivi, unitamente a questa vi è anche la speranza che da questi esempi gli arbitri colgano spunti per capire quanto importante sia anche l'ammissione dell’errore e la capacità di gestirlo, senza paura, da Arbitri.

 

Massimo Dotto

Informatico e Osservatore Arbitrale di calcio a 11 a livelli nazionali fino al 2014, per passione da molti anni si dedica al difficile compito di diffondere la conoscenza sul Regolamento del Calcio, in particolare su Facebook. Il Gruppo di cui è co-admin riunisce migliaia di appassionati fornendo materiale unico ed utile per l'analisi delle più disparate casistiche arbitrali ed il mondo dell'arbitraggio.

Commenti (1)

    • Lucio Polacco
    • 2021-02-15 14:34:04
    STUPENDO commento che ha sviscerato tutto quanto era possibile fare. COMPLIMENTI.
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