Nel mese di febbraio 2020, pochi giorni prima dell’annuale riunione dell’IFAB, sui siti internet di mezzo mondo venne riportata un’idea di Arsene Wenger, ex allenatore dell’Arsenal ed attualmente facente parte dei quadri dirigenziali della FIFA come responsabile dello “sviluppo globale del calcio”.

Riporto le righe del sito Fanpage.it (https://www.fanpage.it/sport/calcio/arsene-wenger-vuole-cambiare-la-regola-del-fuorigioco/):
l problema più grande che le persone hanno con il VAR è la regola del fuorigioco. C’è spazio per cambiare la regola e non permettere che una parte del naso di un giocatore sia in fuorigioco, visto che con quella parte del corpo si può segnare.
Al contrario, non sarà più fuorigioco se qualsiasi parte del corpo con cui si può segnare un goal sarà in linea con l’ultimo difensore, anche se altre parti del corpo dell’attaccante saranno in vantaggio. Questo risolverà il problema e non ci saranno più decisioni sui millimetri di vantaggio dell’attaccante rispetto alla linea difensiva
”.

In sostanza Wenger proponeva un grande classico di questi giorni: il ritorno al concetto di “luce” che è stato ufficialmente superato dalla stagione 2005/2006 (che, casualmente, fu anche la prima stagione nella massima serie nazionale del sottoscritto).

Wenger non utilizzò mai, in quelle dichiarazioni, la definizione di “luce” tra penultimo difendente ed attaccante ma, di fatto, la sostanza era proprio questa: la posizione dovrà essere considerata regolare nel caso in cui ogni parte del corpo validamente utilizzabile nel gioco del calcio sia oltre il penultimo difendente (ad esclusione, perciò, di mani e braccia).

Come spesso capita l’esperienza passata insegna molto.
Il fuorigioco, nella sua definizione generale, non è mai cambiata negli ultimi anni: è in posizione irregolare un attaccante che si trova oltre il penultimo difendente ed oltre la linea del pallone.
Negli anni le interpretazioni in merito sono state molteplici tanto che, fino alla stagione 2004/2005, noi arbitri passavamo decine di ore ad analizzare filmati basandoci sulla definizione di “tronchi corporei”.
In sintesi gli organi tecnici spiegavano che un calciatore non sarebbe stato da considerare in posizione irregolare se anche una sola parte dei tronchi corporei di difendente ed attaccante fossero stati sovrapposti.
E così doveva considerarsi in fuorigioco l’attaccante che era in linea col penultimo difendente solo dalla vita in giù e, nel caso contrario, gli assistenti (e gli arbitri, nel caso di partite senza terna) erano tenuti a lasciar correre.

Naturalmente, in quegli anni, era ancora molto lontana l’idea della tecnologia applicata al gioco.
Certo, ne parlava Aldo Biscardi nel Processo del Lunedì ma non c’erano i mezzi minimi per poter pensare che una tale rivoluzione potesse essere introdotta.
Un po’ come se oggi desiderassi andare in Australia in tre ore di volo da Milano: probabilmente ci arriveremo ma, al momento, per arrivare dall’altra parte del pianeta sono necessarie almeno 18 ore.
Un preambolo per arrivare ad un’affermazione che potrebbe anche incuriosire ma che è la semplicissima verità: in quegli anni e fino al 2005, gli assistenti valutavano più a sensazione (o, se vogliamo, grazie al talento di cui erano in possesso), senza nemmeno ipotizzare di poter individuare con precisione la consistenza reale della luce o meno.
I motivi alla base di questa affermazione sono sostanzialmente due, uno più importante ed un altro più marginale.
Il motivo più marginale è che, allora, non c’erano tutte le telecamere che abbiamo oggi ed era impossibile, a meno di casi particolarissimi ed altrettanto rari, che un’immagine video potesse restituire certezza sulla sussistenza della “luce” tra attaccante e difendente.
Il motivo più importante è il medesimo che tornerebbe in auge se il concetto di “luce” venisse rispolverato dall’IFAB: per un assistente era impossibile determinare se effettivamente ci potesse essere una separazione completa non di tutto il corpo ma solo dei tronchi corporei.
Ad oggi sarebbe ancora peggio dato che la velocità di esecuzione del gioco è notevolmente aumentata negli ultimi anni.
Oltre a ciò la tecnologia ha sicuramente avuto un’implementazione notevole ma è ancora impossibile ipotizzare una ripresa laterale perfettamente in linea se non in circostanze più uniche che rare.
Prendiamo, ad esempio, la Goal Line Technology.
Per avere certezza della sussistenza della “luce” tra un attaccante ed un difendente, dovremmo avere sempre una telecamera in linea come sulla GLT.
La differenza, però, è evidente: la linea di porta è una sola e non si muove mai.
La linea del penultimo difendente, invece, può concretizzarsi letteralmente in ogni zona del campo.
Il corollario è che sarebbe impossibile, con la questione della prospettiva, avere una certezza sulla “luce”, in particolar modo in circostanze al limite.

Prendiamo un esempio paradigmatico.
Questa immagine è più o meno perfetta per giudicare l’effettività del “distacco” completo tra le figure:

 

Andando ancor più nello specifico ed utilizzando un crossair “casalingo”, abbiamo questo riscontro:

 

Chiaro il punto?
C’è “luce” tra Ibrahimovic ed il penultimo difendente?
In realtà, per quanto l’immagine sia la migliore possibile, non ne abbiamo alcuna certezza.
Perché è vero che, ad un primo sguardo, parrebbe esserci nettamente “luce” tra i difendente ed attaccante ma, dalla seconda immagine, appare evidente che molti dubbi ci siano sull’effettivo “distacco” geografico tra i piedi.
Qualcuno potrà eccepire: “ma quel che conta è che tra i busti ci sia “luce”, perciò il fuorigioco è evidente”.
Allo stesso tempo l’eccezione conseguente non solo sarebbe legittima ma doverosa: perché non considerare i piedi in questa lettura? Eppure con i piedi si gioca il 90% del calcio e, in questa circostanza, Ibrahimovic realizzò la rete proprio di piede.
Alla fine rimarremmo col dubbio: c’era o no effettiva “luce”?
La rete è stata giustamente annullata/convalidata?

Questo semplice esempio (ma ce ne sarebbero mille altri, ancor più dubbi sulla base di una prospettiva disallineata) è utile per identificare un concetto quasi banale: intervenire sulla definizione di fuorigioco rappresenterebbe solo un’inutile complicazione perché la discussione verrebbe “spostata” solo più avanti, cioè nell’individuazione della “luce” effettiva e, soprattutto, sulle parti del corpo da considerare.
Ciò perché, nel caso in cui si tornasse al 2005, la polemica sarebbe dietro l’angolo: “ma perché considerare solo i tronchi corporei? Perché non considerare anche gambe e piedi che possono ben essere utilizzate per il gioco e che, anzi, rappresentano la parte più frequente nel gioco del calcio?”.
Ciò porterebbe a due negatività, una in continuità ed una nuova:
1 – si aprirebbero altri scenari di polemica perché, come detto, si sposterebbe solo più avanti geograficamente la criticità;
2 – verrebbe introdotta ulteriore discrezionalità perché, in questo caso, non c’è strumentazione che tenga: per decidere se tra i piedi ci sia o no “luce”, varrebbe solo ed esclusivamente la soggettività dell’arbitro chiamato a decidere (in questo caso il VAR).
E poi: come verrebbe superata la questione del “frame” giusto?
Semplicemente rimarrebbe aperta questa (assurda, consentitemi) discussione perché i complottisti in servizio perenne potrebbero obiettare che un frame precedente porterebbe l’attaccante in gioco, un frame successivo lo porterebbe oltre la linea del penultimo (o viceversa).
Insomma, sarebbe un’inutile complicazione.

Lo stesso discorso vale per la questione “tolleranza”.
Anche Ceferin, durante un’intervista a Sky Sport UK, disse che “un centimetro di fuorigioco non è fuorigioco”.
Affermazione senza alcun senso che, non a caso, non ha più ripetuto negli ultimi sette mesi, anzi più volte sottolineando i grandi progressi compiuti in materia grazie alla tecnologia.
L’obiezione più semplice (ed anche banale) è la seguente: a quale misura metrica fissare il limite di tolleranza?
Facciamo 10 centimetri?
Dai, per sicurezza diciamo 20.
E poi che facciamo a 21?
Convalidiamo lo stesso perché “un centimetro non è fuorigioco”?
Oppure diciamo “venti no, ventuno sì”. In quest’ultimo caso, però, una riflessione è doverosa: dato che la tecnologia ha annullato la questione del fuorigioco, per quale motivo 20 di tolleranza sì e 0 no? E, soprattutto, perché 21 fuorigioco e 1 no?
La risposta più semplice è la più banale: sono discorsi e ragionamenti senza alcuna logica che, nella gran parte dei casi, sono veicolati da due mezzi di “trasporto”:
1 – il tifo che non riesce a ragionare senza togliersi la sciarpa dal collo;
2 – personaggi che spesso non hanno idea di quel che stanno discutendo ma che cavalcano l’onda per acquisire visibilità.
Entrambe i veicoli, purtroppo, spesso sono (la prima involontaria, la seconda consapevole) strategicamente vincenti nel mondo social, soprattutto in un humus in cui l’arbitro ha torto a prescindere.

Ciò detto, non è un caso che l’intervista di Wenger, accennata in apertura, venne riportata (e non solo in Italia) come una proposta che sarebbe stata esaminata dall’IFAB qualche giorno dopo.
Purtroppo, con la superficialità tipica del giornalismo globalmente inteso, nessuno comprese che quella di Wenger era solo un’idea personale, che l’IFAB non aveva nemmeno in programma una discussione in merito al fuorigioco benché (e ciò deve essere evidenziato per completezza di informazione) l’IFAB abbia effettivamente aperto un panel interno (composto da esperti del settore, soprattutto arbitrale) per ipotizzare eventuali migliorie della Regola 11.
Penso, però (ma è solo un’ipotesi personale), che questo panel non abbia alcuna intenzione di portare qualche proposta di cambiamento ma, semplicemente, sia stato istituito per chiarire che la soluzione adottata oggi e da oltre 15 anni sia la migliore possibile dato che qualsiasi innovazione non porterebbe null’altro se non lo spostamento delle polemiche ad un punto geografico successivo.
Peraltro dobbiamo anche pensare ad un altro fatto indubitabile: la tecnologia migliorerà e, nel futuro, questo concetto di fuorigioco sarà sempre più facilmente rilevabile.
E, anzi, ci saranno rilevazioni ancora più precise e reti annullate (o convalidate) per misure assolute ancora minori rispetto ad oggi.
E’ il prezzo della tecnologia o, forse meglio, la certezza che l’intelligenza dell’uomo porta a progettare strumenti via via più precisi e, soprattutto, meno discutibili.
Con l’eccezione, ovviamente, di chi vuol trovare complottismi e sospetti ovunque.
D’altronde viviamo in un mondo che conta 1,3 milioni di morti per il Covid ma anche un numero non marginale di persone che negano la stessa esistenza della pandemia...

Luca Marelli

Comasco, avvocato ed arbitro in Serie A e B fino al 2009, accanto alla professione si occupa di portare qualche spunto di riflessione partendo dal regolamento, unica via per comprendere ed interpretare correttamente quanto avviene sul terreno di gioco. Il blog (www.lucamarelli.it) è nato come un passatempo e sta diventando un punto di riferimento per addetti ai lavori ed appassionati.

Commenti (1)

    • VINCENZO TAORMINA
    • 2020-10-31 13:27:53
    Io continuo a pensare che un giocatore può facilmente capire se si trova in linea col difensore o meno, riguardo al suo tronco, ma che, non avendo un calcolatore nella sua testa, sarà impossibile per lui rendersi conto se un piede si trova più avanti di 1 cm o se un ginocchio piegato in avanti si trovi in fuorigioco di 5 cm. Per questo non sono d'accordo con questa modalità di rilevazione del fuorigioco. Gli attaccanti sono eccessivamente svantaggiati. Prendendo ad esempio i falli di mano, per esempio, questi prevedono alcune eccezioni (vicinanza, posizione attigua al corpo, posizione rispetto al movimento e alla corsa del corpo) perché per un giocatore in movimento non sempre è possibile controllare il movimento delle braccia. Per me deve valere lo stesso concetto anche sul fuorigioco. I giocatori possono controllare il loro corpo, la figura corporea, o tronco, ma non possono controllare ogni singolo arto del corpo, soprattutto se in corsa o magari in contrasto con un difensore. Per me annullare certi gol per pochi cm è innaturale. Nonostante il suo articolo spieghi perfettamente le motivazioni del perché si sia giunti a questa decisione e del perché cambiare non aiuterebbe a risolvere il problema, ma rimango dell'idea che annullare certi gol faccia soltanto male al gioco del calcio, nella sua totalità.
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