Anno 1994.
E’ marzo, sono alla mia seconda partita nell’AIA, categoria Allievi a Mariano Comense, incontro tra la squadra di casa ed il Novedrate con inizio alle ore 10 di una domenica mattina già piuttosto calda.
Come al solito (e come sarà mia abitudine per tutta la durata dell’attività) mi presento alle 8.30, novanta minuti prima dell’inizio della gara. E come al solito non trovo nessuno: il custode arriverà venti minuti dopo, trovandomi davanti al cancello in attesa con borsone a tracolla e l’immancabile sigaretta in bocca. Quest’ultima abitudine è buona solo per gli aneddoti ma è un vizio da abbandonare quanto prima: non attendete di rinunciare al tabacco solo dopo essere stati costretti. Per me è stato così: ho dovuto smettere dopo essermi trovato in fin di vita nel mio ufficio, quasi stroncato da un infarto concausato proprio dall’uso smodato di sigarette.
Fumare non regala un tono di maturità.
Fumare regala problemi. E non ha alcuna utilità.

Torniamo alla mia seconda esperienza in campo.
Quaranta minuti per tempo, fila via tutto liscio, la partita non ha mai storia e finirà 4-1 per i locali.
Rientro negli spogliatoi, mi butto velocemente sotto la doccia, mi cambio e mi preparo per tornare a casa.

Toc toc.

“E mo’ che vogliono ancora, mi pare di aver restituito tutto”
“Ciao sono il tuo Osservatore”
Panico.
Alla porta si era palesato il Danielli, professore di greco e latino del Liceo Classico di Como. Una sorta di Nightmare per gli studenti, noto per la sua severità e per la scarsa propensione a perdonare mancanze di studio.
“Salve, professore, che ci fa qui?”
“Te l’ho detto, sono il tuo osservatore”
“E che sarebbe?” (giuro: non avevo idea di cosa fosse un osservatore arbitrale)
“Sono colui che deve giudicare la tua prestazione oggi”
“Pure qui? E allora è una persecuzione”.

Per una volta ho visto Danielli sorridere. Anzi no: proprio ridere. Non mi era mai capitato di vederlo nemmeno sorridere nei corridoi del Liceo, sempre serioso ed incorniciato tra giacche fuori moda e cravatte d’ordinanza.
Al Liceo lo odiavano tutti per la severità ma, sotto sotto, lo invidiavano per l’enorme cultura che gli veniva riconosciuta, benché non amasse ostentarla.

Ho scoperto quella mattina che il Professor Danielli, sotto l’apparente assenza di passioni sportive, nascondeva invece un’appartenenza all’AIA di oltre trent’anni. In quel periodo era già osservatore alla CAN D. Il Presidente della sezione di Como lo aveva “scomodato” dalle rive del lago (ove abitava ai tempi) per valutare un arbitro non giovanissimo ma che potenzialmente veniva visto come in grado di bruciare le tappe (una persona della sezione mi aveva visto in via ufficiosa la settimana prima nel mio “esordio” AIA ad Eupilio, un paesino della Brianza tra Como e Lecco).

Nel colloquio mi disse semplicemente:
“Tu potresti arrivare velocemente alle massime categorie regionali. Sempre che dovessi deciderti ad abbandonare il cerchio del centrocampo: per tutti gli ottanta minuti hai corso dieci metri avanti ed indietro, secondo me non sai nemmeno di che colore avessero la divisa i portieri dato che li hai visti sempre da 40 metri”.

Non posso affermare che dopo quella gara sia diventato un atleta. Al limite lo sprone del severo professore di greco e latino mi aveva convinto a correre un po’ di più (sempre senza strafare!), giusto il necessario per non trovarmi a cinquanta metri in ogni circostanza.

Qualche anno più tardi, una volta approdato alle categorie nazionali, mi trovai di fronte ad un altro personaggio che avrebbe cambiato la mia “carriera” arbitrale.
Stavo ormai per essere dismesso dal ruolo “Scambi” (per i più giovani è quella categoria che oggi si chiama CAI) e, a due mesi dalla fine della stagione, venne a vedermi Claudio Pieri. Dopo la fine della gara (Torino-Verona di Coppa Italia Primavera) entrò come una furia negli spogliatoi e mi appese letteralmente al muro dicendomi: “se cominci a correre, tu arrivi in serie A, coxxxxne!”.
Ma questa è un’altra storia...

Il Professor Danielli, qualche stagione dopo, fu il primo a telefonarmi il giorno in cui venne annunciata la mia promozione in Serie A e B. Dopo sei mesi lasciò moglie e due bambini piccoli, stroncato da una broncopolmonite fulminante che se lo portò via in pochi giorni.
Pasquale Rodomonti, arbitro internazionale di Teramo, era rappresentante di un’azienda specializzata in forniture per bambini. Gli raccontai la storia del professor Danielli, del matrimonio a quasi cinquant’anni, dei figli (il più grande aveva due anni, il più piccolo era nato da pochi mesi). Ebbene, al raduno successivo mi chiamò in camera.
“Vieni al parcheggio un attimo, per cortesia”.
Andai al parcheggio di fronte alla reception. Rodomonti stava scaricando dei pacchi dalla sua vettura: un’intera station wagon con beni da portare alla vedova. E non volle nemmeno il costo di tutti quei prodotti: voleva solo rendersi utile nei confronti di una persona che non aveva mai nemmeno visto e di un arbitro che non aveva mai sentito nominare. Pannolini, pappe, vestitini, latte in polvere: c’era veramente l’inverosimile in quella macchina.

Due giorni dopo lasciai il raduno di Coverciano e mi diressi direttamente a casa della vedova Danielli. Lei, professoressa come Piermario ma molto più giovane, ci accolse ancora avvolta nel suo dolore ma un sorriso appena accennato le sfuggì nel momento in cui si rese conto che lei, lontanissima dal mondo arbitrale, era stata di fatto accolta nella grande famiglia come se ne fosse sempre stata parte. Ed era stata aiutata da un uomo di Teramo, di cui non conosceva nemmeno l’esistenza ma che aveva voluto essere utile alla famiglia di uno di noi.

L’AIA è anche e soprattutto questo: un grande gruppo di persone che, nei momenti di difficoltà, non faranno mancare mai il proprio supporto morale.
E, a volte, anche materiale...

Luca Marelli

Comasco, avvocato ed arbitro in Serie A e B fino al 2009, accanto alla professione si occupa di portare qualche spunto di riflessione partendo dal regolamento, unica via per comprendere ed interpretare correttamente quanto avviene sul terreno di gioco. Il blog (www.lucamarelli.it) è nato come un passatempo e sta diventando un punto di riferimento per addetti ai lavori ed appassionati.

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