Come annunciato la scorsa settimana, oggi approfondiamo un argomento che spesso incide profondamente sulla valutazione di una prestazione arbitrale.
Non stiamo discutendo, ovviamente, delle valutazioni giornalistiche (che devono essere una semplice curiosità per chi scende in campo, non certo un obiettivo dato che si basano su presupposti completamente diversi) ma delle valutazioni arbitrali.

Un arbitro che sappia gestire le varie fattispecie di criticità a gioco fermo ha senza alcun dubbio già percorso un largo tratto della crescita tecnica: scegliere in modo adeguato la linea di intervento migliore su una protesta significa aver compreso la fondamentale capacità di modulare le proprie decisioni sulla base del momento della partita, della tensione percepita, del cambio ambientale in atto (e non ci si riferisce al meteo, ovviamente).

Cominciamo con l’individuare le differenze tra le varie tipologie (premettendo che si tratta solo di esemplificazioni poiché, in concreto, decine potrebbero essere le fattispecie):

- proteste di un singolo calciatore;
- tensione tra due calciatori;
- mass confrontation.

Queste particolari situazioni non possono essere affrontate come se fossero identiche sebbene non è escluso che sfocino nelle medesime scelte disciplinari.

La proteste del singolo.
Ne abbiamo già parlato la scorsa settimana, soffermandoci sulle varie ipotesi (richiamo “volante”, richiamo ufficiale, sanzione disciplinare).
In questa sede non è il caso di ripetere quanto affermato in precedenza ma di specificare un tema fondamentale: mai avvicinarsi eccessivamente ad un calciatore che debba essere sanzionato o richiamato ufficialmente.
Il motivo è banale ma, nella foga della gara, può accadere che anche un arbitro ecceda (d’altronde è un essere umano anch’egli, non è escluso che possa avere un momento di nervosismo). Il rischio (per quanto relativo) è che un calciatore possa reagire non solo a parole ma coi fatti (una spinta, una manata, un pugno). Certo, in questi casi vi è la tutela della giustizia sportiva ma non è questo il punto: non stiamo trattando della violenza sui campi di calcio (argomento che ha attinenza ma specificità diverse).
La regola più importante in questo ambito è rappresentata dal mantenere sempre una distanza minima dai calciatori, proprio per evitare che un’eventuale perdita di controllo possa sfociare in un atto di violenza.
Quale distanza?
Solitamente viene indicata come distanza minima quella di un braccio disteso in avanti più qualcosa, proprio per tenere il calciatore oltre quel limite che sarebbe superabile per un colpo violento alla figura dell’arbitro.
E non si tratta di una cautela da utilizzare solo nelle categorie inferiori: anche in Serie A abbiamo visto spesso gli arbitri tenere lontani i calciatori allungando orizzontalmente un braccio per delimitare una zona da non oltrepassare.
Devono essere evitate, perciò, ammonizioni comminate esponendo il cartellino giallo sotto il naso del calciatore, vanno evitati i pericolosissimi faccia a faccia (perché è un attimo che un calciatore reagisca con una testata) e, soprattutto, mai urlare verso qualcuno con il dito indice puntato.

Proteste di due calciatori avversari (le cosiddette “reciproche scorrettezze”)

Vale lo stesso principio espresso in precedenza ma con un elemento in più: in questi casi il rischio non è solo quello di essere oggetto di una reazione (da parte di uno dei due calciatori) ma anche di essere colpiti involontariamente da uno dei due.
Pensate, per esempio, a due calciatori che si affrontano: se un arbitro dovesse posizionarsi fisicamente tra i due, non è poi così lontana l’ipotesi di essere spintonato da un calciatore che stava cercando il corpo dell’avversario e non dell’arbitro.
In quella situazione, poi, come se ne esce?
Per evitare una situazione del genere, è sempre meglio osservare da lontano, eventualmente comunicando (da una distanza di un paio di metri) ai calciatori coinvolti di non continuare con tale atteggiamento onde evitare sanzioni disciplinari.
Una volta che entrambi i calciatori si saranno calmati da soli (fidatevi: alla fine la risolvono sempre tra di loro perché sanno perfettamente quale sia il limite di un atteggiamento di questo genere), si procederà al richiamo a sé dei protagonisti, procedendo (a seconda dei casi) ad un richiamo ufficiale oppure all’ammonizione di entrambi.
Importante, in questi casi, è chiudere la procedura sempre e solo in tre, avendo l’accortezza di allontanare chiunque abbia intenzione di “farsi sentire”. Capitano incluso: come sappiamo, infatti, il capitano NON ha diritto di protestare (nessuno ha questa facoltà) ma solo di chiedere spiegazioni in termini civili all’arbitro. Eventualmente dopo aver concluso la procedura, l’arbitro potrà decidere di spiegare quanto accaduto al capitano.

Mass confrontation

La “mass confrontation” ha una peculiarità: non si tratta di una protesta singola e nemmeno di un confronto tra due calciatori.
Si tratta di quel particolare caso (invero non così frequente) nel quale più calciatori delle due squadre (ed a volte anche componenti delle panchine) accendono una sorta di “mischia” generalizzata a seguito di un episodio di gioco.
Gli episodi scatenanti possono essere i più vari: un fallo particolarmente “antipatico”, un gesto antisportivo, un insulto rivolto a qualcuno.
In questi casi l’arbitro, una volta accortosi del coinvolgimento di più persone, deve velocemente allontanarsi, non pensare nemmeno ad “entrare nella mischia” per sedare gli animi, trovare una posizione adeguata a circa tre/quattro metri di distanza per osservare quanto accade. Nel caso in cui nella gara sia prevista la presenza di una terna, anche gli assistenti dovranno lasciare temporaneamente la propria posizione sulle linee laterali per aiutare l’arbitro ad individuare eventuali comportamenti violenti da sanzionare successivamente.
Non c’è un metodo per sedare la mass confrontation: entrare fisicamente in una mischia del genere significa solo esporsi ad eventuali colpi fortuiti che, come recenti cronache insegnano, potrebbero portare anche a conseguenze molto serie. In quelle circostanze, infatti, è molto facile che possa partire un colpo rivolto ad un avversario ma intercettato casualmente da un arbitro o da un assistente.
Ancora una volta bisogna semplicemente attendere che gli animi si calmino da soli (spesso in queste circostanze intervengono allenatori e dirigenti per separare i giocatori), individuare almeno un calciatore per parte (solitamente i due che hanno dato inizio alla mass confrontation), portarli lontani da tutti gli altri, mantenerli come sempre ad un metro almeno di distanza e procedere alla sanzione disciplinare adeguata.
A differenza della disputa tra due calciatori singoli, in queste circostanze è buona norma non chiudere la procedura con un semplice richiamo verbale, soprattutto per la gravità di quanto accaduto.

Naturalmente non si tratta di indicazioni rigide (e sulle quali, ovviamente, saranno più precisi i vostri organi tecnici di riferimento) ma solo di linee guida che andranno utilizzate a secondo delle situazioni concrete sul terreno di gioco.
Rimane un punto fermo: mai avvicinarsi troppo ad un calciatore perché è raro che accada ma ciò aumenta esponenzialmente il rischio di una reazione violenta.

 

Luca Marelli

Comasco, avvocato ed arbitro in Serie A e B fino al 2009, accanto alla professione si occupa di portare qualche spunto di riflessione partendo dal regolamento, unica via per comprendere ed interpretare correttamente quanto avviene sul terreno di gioco. Il blog (www.lucamarelli.it) è nato come un passatempo e sta diventando un punto di riferimento per addetti ai lavori ed appassionati.

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