Dopo aver affrontato il colloquio dal punto di vista dell’osservatore, oggi passiamo al concetto più complesso: l’accettazione di rilievi, consigli e suggerimenti.

Se in campo (quasi) tutto vien naturale, il colloquio con l’osservatore è per molti versi il passaggio meno scontato di una giornata arbitrale.
Ciò non perché un giovane ragazzo (o un uomo di oltre quarant’anni come in Serie A o nella finale di Champions League) abbia difficoltà di rapportarsi con qualcuno.
La difficoltà del colloquio con un osservatore deriva dal saper cogliere ciò di cui far tesoro e ciò che deve essere messo da parte.

Non è affatto facile.
Dobbiamo partire da un presupposto: così come in campo alcune valutazioni soggettive possono avere sbocchi differenti (un fallo può essere da rigore oppure no a seconda della personale sensibilità, un tackle può essere da giallo per alcuni e da rosso per altri), allo stesso modo un osservatore può legittimamente valutare positivamente o meno la medesima prestazione.

Ai raduni degli osservatori, non a caso, spesso tutti assieme guardano la medesima partita e non è affatto eccezionale che i voti varino tra 8.30 (prestazione pessima) ad 8.60 (prestazione eccellente).

È chiaro per noi che ne parliamo, è chiaro per chi deve giudicarne l’affidabilità, lo è meno per chi svolge tale compito: ci sono ottimi osservatori, buoni osservatori e pessimi osservatori.
Esattamente come coloro che vengono giudicati: alcuni hanno prospettive, altri hanno talenti più o meno sfruttati, altri ancora non hanno i requisiti per poter ambire ad un processo di maturazione ed elevazione di categoria.

In questo ambito acquista importanza straordinaria la capacità del singolo di recepire messaggi positivi da tener presenti per i successivi impegni e di scartare alcuni valutazioni che possono dipendere da erronee impressioni oppure (come capita spesso) da situazione particolari, non comuni ma limitate a quella giornata.

Ricordo, per fare un esempio, una partita di Serie B di molti anni fa.
Era il posticipo del lunedì tra Modena e Juventus.
A fine gara l’osservatore era rimasto piuttosto deluso da quanto visto in campo (ed aveva perfettamente ragione, fu una delle mie peggiori serate in assoluto).
Accanto a rilievi disciplinari (corretti), espresse forte insoddisfazione per la parte atletica, arrivando ad affermare che non fosse pensabile scendere in campo nella serie cadetta per una gara di prima fascia senza l’allenamento necessario.
Quel colloquio rappresenta nel modo migliore quel che ho appena accennato:
- i rilievi tecnici e disciplinari li ho conservati e, appena rientrato a casa, ho subito rivisto quanto segnalato, accorgendomi di aver offerto novanta e passa minuti inguardabili sotto questi aspetti;
- la parte sull’allenamento era comprensibilmente stata rilevata (perché quella sera corsi poco e male, ne ero consapevole) ma l’ho messa da parte perché ero consapevole del motivo per cui avevo offerto una prestazione così opaca.
Quella trasferta, infatti, avrei dovuto interromperla più o meno a mezzogiorno, tornandomene a casa e chiedendo al designatore Gussoni di essere sostituito. Ciò perché a mezzogiorno non stavo in piedi a causa di un attacco di emicrania contro il quale ho lottato tutto il pomeriggio, assumendo una quantità esagerata di un medicinale.
Il risultato è che entrai in campo con meno lucidità di quella necessaria per una qualsiasi gara, a maggior ragione per la partita più importante della giornata di Serie B.
Quella sera commisi una serie pazzesca di errori e Gussoni decise di sospendermi per ben cinque turni. Periodo eccessivo ma questo è un altro discorso legato alla personalità discutibile del designatore pro tempore di quei mesi.

Questo esempio, ovviamente, non esaurisce l’orizzonte delle possibilità.
E’ chiaro che, in alcune circostanze, è difficile isolare qualche errore di valutazione dell’osservatore e molto spesso ci si convince di avere avuto a che fare con un incompetente.
Ecco, questo è l’errore più grave: pensare di essere infallibili e di aver incontrato qualcuno di fallibile.
Da queste convinzioni spesso discende l’incapacità di essere critici con se stessi. La mancanza di autocritica porta il singolo a non migliorarsi e a commettere i medesimi errori nelle gare successive.
È un discorso molto complesso, ma posso esprimere con buona certezza un concetto a me caro: un arbitro a cui manchi la capacità di comprendere i propri limiti è un arbitro che può arrivare anche in Serie A, può anche essere nominato internazionale ma non riuscirà mai a compiere il passo decisivo per incrementare le proprie doti.
Esempi?
Rocchi ed Orsato, ad oggi di gran lunga i migliori in circolazione, hanno avuto inciampi enormi nella loro carriera.
Rocchi è stato massacrato per Juventus-Roma di cinque anni fa, Orsato è stato sospeso fino a fine campionato due anni fa dopo un famoso Inter-Juventus.
Ebbene, da quelle serate storte in poi hanno commesso sicuramente qualche errore (sono fuoriclasse ma non sono dei dell’Olimpo…) ma sono stati in grado di fermarsi, analizzare i propri errori e renderli delle ricchezze del bagaglio tecnico.
Insomma, hanno aggiunto al talento la comprensione dell’errore, facendo quel passo in avanti necessario per superare la negatività e renderla una positività.

Purtroppo, invece, ho conosciuto decine di arbitri di rilevante talento ma privi della capacità di ammettere anche solo un errore.

Un arbitro che, negli spogliatoi, tenti di giustificare qualsiasi decisione, non apparirà come una persona in grado di ribattere, ma come un elemento che non ha l’umiltà di ascoltare quel che gli sta dicendo una persona di superiore esperienza.
Poi, ovviamente, ci sono circostanze nelle quali lo stesso osservatore si rende conto di aver compreso male una dinamica, ed una spiegazione chiarificatrice può fargli modificare opinione. Ma anche per l’osservatore vale lo stesso concetto: non ha per forza ragione, può avere ragione.
Può aver individuato un errore ma nulla esclude che possa semplicemente aver capito male.

Sempre esperienza personale, questa volta nella veste di Organo Tecnico al CRA della Lombardia (sì, sono stato OT in regione per alcuni mesi prima di dimettermi dall’associazione).
Partita a Sondrio.
A metà del secondo tempo circa, dopo un calcio di rinvio assegnato alla squadra di casa e nella serenità più assoluta, l’arbitro estrae un cartellino rosso ad un attaccante a lui vicino per una protesta molto poco evidente e che, dalla tribuna, sembrava nei limiti della civiltà.
Da quel momento la gara è diventata un caos pazzesco perché nessuno in campo e tantomeno in tribuna aveva capito il motivo di quel provvedimento disciplinare.

Giunto negli spogliatoi avevo in testa la valutazione. Una valutazione tutto sommato positiva ma penalizzata da un’espulsione con poco senso.
Durante il colloquio ho trovato di fronte a me un ragazzo molto sereno, sicuro dei suoi mezzi ma con la capacità di discutere con serafica competenza.
Ebbene, una volta giunti ad affrontare la questione, gli ho rilevato l’eccessiva espulsione, soprattutto perché il calciatore in questione era vicino all’arbitro e gli stava sorridendo al momento del cartellino rosso.
Ebbene, emerse che il calciatore aveva detto all’arbitro una frase non esattamente carina sulla madre sorridendo proprio per crearsi una sorta di alibi. Aveva raggiunto il suo scopo, fregando anche me.
Questo piccolo episodio dimostra che anche gli osservatori, sebbene in posizione privilegiata (nessuno stress, visuale molto più aperta dell’arbitro, lucidità massimale per mancanza di fatica fisica), possono sbagliare la comprensione dell’episodio singolo.

Altro punto fondamentale.
Così come creare uno scontro verbale in campo tra arbitro e calciatori non porterà mai nulla di buono (perché non acquisterete autorevolezza ma dimostrerete solo autorità), allo stesso modo un contrasto dialettico con l’osservatore non potrà mai avere risvolti positivi.
Poi ci sono anche gli eccessi, come arbitri che, offesi per un voto negativo, non salutano nemmeno il collega al raduno comune ma questo rientra nel concetto di superbia e di incapacità di compiere un passo in avanti. Siate certi che un Orsato non toglierà mai il saluto ad un osservatore che gli ha tolto un decimo per un’ammonizione sbagliata o per una partita al di sotto degli standard…

Quello relativo al colloquio di fine gara è un argomento immenso e di straordinaria importanza. Per quanto sia spesso sottovalutato, è in realtà il momento di crescita più importante nel percorso di miglioramento, non solo per l’arbitro ma anche per l’osservatore stesso.
La difficoltà risiede nel fatto che molto spesso non si percepisce appieno la difficoltà di giudicare novanta minuti perché un arbitro non ha mai sostenuto un colloquio dall’altra parte.

Ecco, un’innovazione che mi piacerebbe molto sentire proposta dal prossimo presidente degli arbitri è proprio questa: prevedere che un arbitro in attività, soprattutto a livello nazionale (che molto spesso è il punto di riferimento dell’intera sezione e, in alcuni casi, dell’intera regione), possa investire un paio di pomeriggi per visionare un giovane collega.
Pensate a quanti risvolti positivi avrebbe una tale innovazione:
- un arbitro che capisce l’importanza e la difficoltà di giudicare un collega da un altro punto di vista;
- conquistare l’entusiasmo di un giovane che viene visionato da un associato che ha scalato o sta scalando i gradini nazionali;
- conoscere il punto di vista di qualcuno che, in piena attività, “regala” consigli validi oggi e adesso (perché il calcio cambia ma anche arbitrare oggi è diverso da dieci anni fa).

Chissà, magari torneremo anche su qualche proposta da valutare per il futuro della nostra associazione che da troppi anni ha fermato il flusso di novità, col risultato che il numero di associati sta calando in maniera esponenziale, giungendo a livelli di organico che già oggi sono critici (siamo ai minimi storici da decenni).

Rimanere immobili è un disastro.
Esattamente come rimanere sempre fermi sulla certezza di essere infallibili...

Luca Marelli

Comasco, avvocato ed arbitro in Serie A e B fino al 2009, accanto alla professione si occupa di portare qualche spunto di riflessione partendo dal regolamento, unica via per comprendere ed interpretare correttamente quanto avviene sul terreno di gioco. Il blog (www.lucamarelli.it) è nato come un passatempo e sta diventando un punto di riferimento per addetti ai lavori ed appassionati.

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