Il rapporto quotidiano con i social diventa ogni giorno più complesso.
Parlare di questa problematica in generale è impossibile, essendo troppo vasto l’argomento per poterne discutere in poche righe.

Quel che ci interessa in questa circostanza è capire come evitare di essere ingannati da notizie totalmente inventate oppure verosimili.

La differenza?
Molto profonda.
La notizia verosimile è quella che potrebbe avere un senso e che, per essere dimostrata fasulla, ha bisogno di essere spiegata fin nei dettagli.
La notizia totalmente inventata è quella nella quale possono inciampare persone profondamente ignoranti oppure molto stupide.

Delle seconde abbiamo esempi ogni giorno: link di pseudo sitarelli a cui interessano solo i click per vendere pubblicità. Ultimamente stanno diminuendo (anche perché molti di coloro che avevano aperto pagine del genere sono diventati destinatari di procedimenti penali per varie ipotesi di reato) ma rimane un problema gigantesco non tanto per chi, con raziocinio, è in grado di distinguere una bufala da una notizia vera, ma per le persone (tante, purtroppo) che non hanno le doti minime per individuare un link ideato solo per raccogliere consensi, visite, numeri da rivendere.

In questo spazio ci occuperemo di due questioni, entrambe verosimili ed entrambe con risvolti molto differenti: il DASPO ad un arbitro marchigiano ed il presunto risarcimento danni chiesto dall’Ajax ad UEFA e Rocchi.

Sono due notizie verosimili?
Sì, perché partono da due dati di fatto: il DASPO è stato effettivamente disposto dal questore di Macerata e Chelsea-Ajax fu caratterizzata da un episodio molto complesso che si concluse con un calcio di rigore per il padroni di casa e ben due espulsioni (entrambe per doppia ammonizione) per gli ospiti.

Partiamo dalla prima.
Per quanto il DASPO sia stato già disposto, c’è molto da chiarire in merito a come si siano realmente svolti gli avvenimenti.
Se da una parte il DASPO per un anno è ormai fatto acclarato, d’altro canto c’è da considerare che l’arbitro colpito dal provvedimento ha già incaricato un avvocato per presentare ricorso e, da quanto dichiarato, per depositare una denuncia contro il calciatore che è stato coinvolto nella vicenda.
Il calciatore, a sua volta, ha dichiarato di aver denunciato l’arbitro che, a suo dire, l’avrebbe colpito al volto con una testata.
Ci sono, dunque, due versioni diametralmente opposte.
Non solo: esistono (basandosi ovviamente sulle dichiarazioni delle parti) denunce presentate da entrambi e sulle quale ci sarà parecchio da discutere. Chiaro che, se si andasse fino in fondo, verrebbe accertata la colpa di qualcuno e la calunnia di uno dei due.

Pertanto è pericoloso, al momento, esporre un giudizio definitivo: in queste circostanze è sbagliato condannare il gesto dell’arbitro (perché non sappiamo se sia stato reale o meno), ma è sbagliato anche difenderlo a spada tratta, per il medesimo motivo.
La prudenza, in questo caso, è d’obbligo: è un fatto grave, da qualunque angolazione la si osservi.
Naturalmente, nel solco di un garantismo che dovrebbe essere caposaldo di qualsiasi organizzazione (sia essa pubblica o privata), mi auguro che l’AIA eviti di prendere una posizione e si limiti ad attendere l’esito dei procedimenti della giustizia ordinaria.

Passiamo ad un’altra vicenda che, per certi versi, è paradossale.
Nei giorni scorsi ha cominciato a circolare sui social una strana teoria secondo la quale la UEFA avrebbe ammesso l’errore di Rocchi in Chelsea-Ajax, partita del girone di Champions finita 4-4 e che ha, di fatto, estromesso gli olandesi dagli ottavi di finale.
La teoria si è evoluta rapidamente, come spesso capita sui social: da un errore ammesso si è passati all’ipotesi di risarcimento, per finire, la sera stessa, con una richiesta di risarcimento già inoltrata dall’Ajax a Rocchi.
Insomma, una velocità di procedimenti che manco in un film di infimo livello potremmo vedere.

In molti mi hanno chiesto, tra il curioso e lo spaventato, se questa richiesta di risarcimento potrebbe colpire un arbitro qualsiasi in una categoria qualsiasi.

Non vi spaventate: sono tutte sciocchezze.
Partiamo dall’inizio.

L’ammissione dell’errore.
Se cercate nel sito della UEFA oppure dichiarazioni recenti di Rosetti in merito alle competizioni internazionali, non troverete assolutamente nulla di quanto veicolato dal quotidiano olandese “Telegraaf” (prima fonte di questa pseudo notizia).
Nemmeno il Telegraaf riporta una frase virgolettata dei vertici UEFA (per il semplice motivo che non esiste alcuna assunzione di responsabilità).
E dunque?
Nelle scorse settimane si è svolto a Palma de Mallorca il raduno degli arbitri internazionali (non tutti, per la verità: degli italiani mancavano, per vari motivi, Mariani e Doveri), durante il quale sono stati analizzati alcuni episodi accaduti nella fase a gironi delle competizioni europee.
Tra questi episodi è stato proiettato anche il rigore concesso da Rocchi in Chelsea-Ajax.
Per spiegarlo velocemente a chi non lo avesse presente: azione del Chelsea, fallo imprudente di Blind già ammonito) a centrocampo, vantaggio, tiro in porta e deviazione di mano di Veltman (già ammonito a sua volta). Rocchi ha fischiato il calcio di rigore, ammonito Blind (espulso) ed anche Veltman (espulso), lasciando l’Ajax in nove uomini.
Rosetti, commentando l’episodio, ha semplicemente affermato che, in un caso di questo genere, sarebbe stato meglio interrompere l’azione sul fallo di Blind (dato che il calciatore avrebbe dovuto essere espulso per doppia ammonizione) e che, in ogni caso, il rigore doveva essere revocato con l’utilizzo del VAR (perché, oggettivamente, il tocco di mano non era punibile).
Fine.
Non si tratta di ammissione di errore o chissà che altro, semplicemente è stato detto che l’arbitro avrebbe agito meglio interrompendo prima l’azione.
Sono normalissime disamine che si svolgono in qualsiasi raduno: visione dell’episodio, dibattito, soluzione migliore proposta dall’organo tecnico di riferimento.

La fase successiva è la meno costruttiva.
Un arbitro (molto probabilmente olandese) chiama in patria, quel che è stato detto arriva ad un giornalista, il giornalista contatta la società, la società ipotizza una richiesta di risarcimento e ne viene confezionato un articolo.
Un’analisi puramente arbitrale diventa un’ammissione di colpa e dall’ammissione di colpa si passa alla quantificazione di un risarcimento economico.
La “notizia” arriva in Italia e, come per magia, si modella ulteriormente.
Da ipotesi di risarcimento diventa richiesta di risarcimento.
In serata (la stessa serata!) Rocchi è già stato oggetto di una richiesta di risarcimento da parte della squadra olandese.

Ebbene, state sereni: quella richiesta non arriverà mai e, se mai dovesse arrivare, non sarà mai esecutiva.

Facciamo un esempio.
Una società di Promozione, “vittima” di un errore arbitrale, decide di agire giudizialmente per chiedere un risarcimento.
Quella richiesta di risarcimento verrebbe rispedita al mittente con tanto di aggravio per le spese legali eventualmente sostenute dall’arbitro.

Il motivo deve essere ricercato nella famosa clausola compromissoria.
Questa non è certo la sede per discutere approfonditamente questo fondamentale principio giuridico, ma basti sapere che una società non può agire civilmente per il risarcimento di un danno derivante da un errore arbitrale perché tale eventualità è e rimane un “incidente” sportivo, ritenuto da sempre fisiologico.

D’altronde sarebbe assurdo il contrario: se ogni società vittima di un errore arbitrale potesse liberamente agire per ottenere un risarcimento, il calcio (ed ogni altro sport) morirebbe nel giro di qualche settimana perché non si troverebbe più un singolo pazzo disponibile a scendere in campo.
Non un arbitro: un pazzo qualsiasi.
Perché pensare che un ragazzo di 20 anni od un uomo di 40 possa scendere in campo con il rischio di essere chiamato in causa per un errore in campo è semplicemente folle, non tanto per la questione economica (che ha certamente un suo peso) ma anche solo per le implicazioni personali che una tale decisione potrebbe avere.

Ecco perché, ormai da decenni, esiste la clausola compromissoria, proprio per evitare che si arrivi ad eccessi di questo genere.

Naturalmente questa disciplina esiste anche per le competizioni internazionali: un errore arbitrale è e deve rimanere confinato al terreno di gioco, non può certo avere conseguenze giudiziarie ordinarie, perché ciò implicherebbe la paralisi immediata di ogni manifestazione.
Chi potrebbe mai accettare di scendere in campo come arbitro per (ipotesi) cinquemila euro sapendo che, in caso di errore, potrebbe essere citato in giudizio per dodici milioni (la cifra è quella ipotizzata dagli articoli che girano in merito)?
Come ho scritto prima: nemmeno un pazzo scenderebbe in campo.

Ecco dunque il concetto fondamentale.
Queste fonti non sono interessate alla notizia e tantomeno ad informare.
Il loro scopo è raggiungere il maggior numero possibile di persone per scopi che nulla hanno di divulgativo ma solo per interesse personale.
Un’ipotesi di risarcimento non solo è razionalmente insensata, ma vietata dalle normative vigenti in tema di giustizia sportiva.

Perciò, cari ragazzi, andate in campo sereni.
Migliorate le vostre prestazioni, impegnatevi quanto più vi è possibile, traete il meglio da chi vi insegna e state tranquilli che, oggi come ieri, siete liberi di imparare dai vostri errori.

Luca Marelli

Comasco, avvocato ed arbitro in Serie A e B fino al 2009, accanto alla professione si occupa di portare qualche spunto di riflessione partendo dal regolamento, unica via per comprendere ed interpretare correttamente quanto avviene sul terreno di gioco. Il blog (www.lucamarelli.it) è nato come un passatempo e sta diventando un punto di riferimento per addetti ai lavori ed appassionati.

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