Lo ammetto senza alcuna remora: mi sono pentito di aver pubblicato sui social le statistiche sui calci di rigore assegnati in questa stagione, così come mi sono pentito di aver reso pubblico un confronto con le stagioni precedenti e con i principali campionati esteri.

Era ed è una statistica che aveva cominciato a preoccuparmi fin da dicembre perché il numero di rigori concessi nel girone d’andata appariva già allora in netta discontinuità col recente passato: stavano aumentando del cinquanta per cento circa.
Nel caso in cui la percentuale di scostamento sia attorno al dieci per cento, possiamo ritenere la questione entro parametri neutri: si può definire una circostanza casuale dovuta ad una più rigida applicazione del regolamento (che, peraltro, in materia di falli di mano non è cambiata minimamente).
Se, però, la differenza è nei termini di quasi cinquanta punti percentuali, allora non possiamo che pensare di essere di fronte ad una criticità evidente.

Il motivo per cui mi sono pentito di aver diffuso questi dati è che sono stati ripresi da chiunque (e pazienza se più o meno tutti si assumono la paternità della “scoperta”: in un modo multimediale in cui si copia integralmente è fin troppo semplice appropriarsi di “lavori” altrui) e che, come sempre capita, sono state costruite teorie strampalate su regolamenti cambiati e, soprattutto, si è incentrata l’attenzione su una particolare fattispecie, cioè i falli di mano.
Inoltre (ed è questa la ragione principale di questa premessa) tale circostanza andava approfondita, studiata e valutata alla fine del campionato: non era necessario aggiungere altri argomenti di polemica (che già abbondano).

La spiegazione più banale è collegare i rigori per falli di mano ad una presunta modifica del regolamento in materia.

Peccato che, come affermato anche dai vertici UEFA, sui falli di mano non sia cambiato assolutamente nulla.
Prima di addentrarci in questo argomento (fondamentale ma che pochi hanno compreso), un dato che da solo dovrebbe essere sufficiente a spazzar via questa strana teoria: i calci di rigore per falli di mano rappresentano, in questa stagione, il 29% circa del totale, perciò meno di un terzo.
Il dato è in crescita?
No.
In realtà, nella scorsa stagione, i falli di mano hanno rappresentato il 31% circa dei rigori totali, pertanto è evidente che non sia cambiato nulla in merito all’interpretazione ed alla valutazione di questi episodi.

Il concetto più importante, però, lo abbiamo accennato poc’anzi: l’IFAB ha riscritto la parte del regolamento relativo ai falli di mano ma, nella sostanza, non ha cambiato una virgola rispetto alla disciplina degli anni precedenti.

Si dice: “è stata eliminata la volontarietà per punire un tocco di mano”.
Verissimo.
Se fino allo scorso anno i tocchi di mano (non solo in area ma in qualunque zona del campo) avevano come presupposto la volontarietà, da quest’anno la stessa volontarietà non è più un principio generale di base ma solo una fattispecie specifica.
In parole semplici: per essere punibile, la volontarietà non conta ma è rimasto solo come episodio specifico di punibilità.

C’è un piccolo particolare che non sfugge a chi in campo c’è stato o che attualmente svolge l’attività: che, di fatto, la volontarietà era stata da anni marginalizzata a favore di concetti che si avvicinano di molto alla colposità.

Aumento del volume corporeo o posizione congrua delle braccia sono termini nuovi?
Assolutamente no, gli arbitri devono tenere presenti di questi elementi da anni.
Semplicemente l’IFAB ha voluto recepire nel regolamento delle linee interpretative già vigenti da anni, se non da decenni.
Lo scopo era di modernizzare la lettera del regolamento, in linea con l’applicazione concreta dello stesso sulla base di indicazioni e direttive impartite da molte stagioni.

L’IFAB, però, ha commesso un errore a mio parere imperdonabile: ha enormemente sottovalutato il fatto che l’opinione pubblica non è stata in grado di capire (tranne poche eccezioni) la ratio dell’innovazione linguistica.
Perché non ne è stata in grado?
Perché non conoscendo a fondo il regolamento vigente fino allo scorso anno, non ha capito di essere di fronte ad un nuovo testo che semplicemente traduceva in parole quel che veniva applicato sul terreno di gioco.

Certo, ci sono stati errori anche nella comunicazione interna (affermare da parte del presidente dell’AIA nel corso della prima puntata dell’anno di una trasmissione sulla rete nazionale, per esempio, che la concessione di un rigore fosse “l’applicazione delle nuove regole” è stata una clamorosa autorete, a cui Rizzoli ha dovuto mettere una pezza qualche mese dopo sbugiardando una tale affermazione), ma la questione è diventata coi mesi molto complessa da sbrogliare.

Oggi, a dodici mesi dalla riscrittura del testo, la confusione regna sovrana.
E, come sempre, la scarsa dimestichezza con la materia porta molti a banalizzare, individuando la questione con una particolare fattispecie che hanno poco compreso.

In realtà, se consideriamo che i rigori per fallo di mano sono finora 47 su 155, ne rimangono 108 (con 70 partite circa ancora da disputare). Questi 108 rigori sono un numero spaventosamente alto se consideriamo che l’anno scorso, nell’intero campionato, i rigori totali sono stati 120 (compresi quelli per falli di mano).

Una volta individuato questo numero, la risposta appare un pochino più semplice: vengono assegnati troppi calci di rigore per contatti minimi.
Sia chiaro: la CAN A è ben consapevole della criticità ma, chiaramente, non si può nemmeno pensare di cambiare adesso il metro di giudizio perché non è un intervento di sensibilizzazione che si possa portare avanti con sette giornate da disputare.
Ma proprio perché la questione è sul tavolo della CAN, è praticamente certo che l’anno prossimo vedremo molti rigori in meno e si tornerà a valutare con minore severità dei contatti in area che, a centrocampo, non vengono nemmeno presi in considerazione.

In questa stagione abbiamo visto delle decisioni davvero da brividi: punite trattenute infinitesimali, sfioramenti di parastinchi seguiti da cadute in doppio carpiato, normalissimi contrasti aerei ritenuti irregolari. Sembra di assistere, in talune circostanze, a videogiochi con dei bug. Capisco perfettamente chi si lamenta di questo andamento perché ogni volta che l’azione si sposta nell’area di rigore c’è da tremare.

I calciatori hanno le loro colpe?
Non c’è dubbio.
Non possiamo affermare che l’accentuazione dei contatti in area esista da quest’anno perché affermeremmo una colossale sciocchezza.
Detto ciò, non possiamo sottacere il fatto che i calciatori tendono ormai ad entrare in area più per cercare un motivo per cadere a terra piuttosto che lo spazio per creare un’azione da rete.
Ovviamente ciò avviene perché i giocatori sono tutt’altro che sciocchi: hanno capito che il VAR non ha alcuna possibilità di valutare l’entità di un contatto e sono consapevoli che, una volta ingannata la percezione dell’arbitro in campo, il dado è tratto.

Certo, facile criticare.
Ipotesi per combattere questa tendenza (che, peraltro, non è solo italiana ma anche spagnola o portoghese, per esempio)?
A me piace molto il confronto con il basket e con il concetto di flopping.
Si dice spesso (e non a torto) che l’ammonizione per simulazione presuppone la mancanza di un contatto tra calciatori perché è vietato tentare di ingannare l’arbitro ma non è proibito cadere a terra.
Vero, ma…
Nel basket, da qualche anno, è presente il flopping, cioè una sorta di fallo tecnico punito con un tiro libero ai danni del giocatore che, accentuando un contatto, simuli di aver subito un’infrazione. Oltre al tiro libero sono previste, soprattutto negli Stati Uniti (da sempre allergici all’antisportività), multe a quattro zeri.
Non mi spiacerebbe che venisse introdotta una gestione di questo genere: cartellino giallo non solo per chi simula ma anche per chi accentua cadute e conseguenze di minuscoli contatti con gli avversari.

Nulla da eccepire sui tocchi di mano, invece: l’interpretazione attuale è la migliore possibile.
D’altronde stiamo comunque parlando della fattispecie che in assoluto più popola gli incubi di un arbitro: in presenza di un episodio di questo genere è quasi impossibile decidere sulla base di una certezza ma, nella quasi la totalità dei casi, si tratta di avere la capacità di individuare il tocco, percepire l’esatta dinamica, valutare la posizione.
Insomma, per semplificare: valutare tutto quel che avviene in un decimo di secondo è ai limiti del sovrannaturale.

Sicuramente abbiamo un problema: ma non è la disciplina sui tocchi di mano...

Luca Marelli

Comasco, avvocato ed arbitro in Serie A e B fino al 2009, accanto alla professione si occupa di portare qualche spunto di riflessione partendo dal regolamento, unica via per comprendere ed interpretare correttamente quanto avviene sul terreno di gioco. Il blog (www.lucamarelli.it) è nato come un passatempo e sta diventando un punto di riferimento per addetti ai lavori ed appassionati.

Commenti (2)

    • Ugo Giordano
    • 2020-07-13 17:36:15
    Come sempre molto puntuale ed interessante. Grazie. Io credo che la responsabilità maggiore, riferita agli effetti ed alla percezione da parte del "grande pubblico" sul (falso) tema "nuove norme sui falli di mano" sia da imputare all'informazione sportiva che nulla ha fatto per trasmettere il messaggio che non vi erano novità in tal senso, anzi ha spesso ripetuto ed amplificato il concetto. E continua a farlo.
    • Stefano
    • 2020-07-17 23:19:37
    Finalmente un chiarimento a chi ne ha bisogno... Spero di non dover perdere ancora la voce per spiegare che in fase difensiva non è cambiato nulla! Grande Luca
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